8 Marzo 2012 :: Le donne, dov’è il loro valore?

8 Marzo 2012 :: Le donne, dov’è il loro valore?

illustrazione: Seppo Verardi – www.seppoverardi.ch

«Crescere una figlia è come innaffiare l’orto del vicino», recita un proverbio indù, alludendo all’inutile investimento sulla prole destinata alla famiglia del futuro marito. Il risultato è che la più grande democrazia della Terra guadagna capacità tecnologica, ma perde ogni anno 600 mila bambine. In occasione della Giornata mondiale della donna, riportiamo l’attenzione sulle «donne mancanti all’appello» per via delle atrocità subite. L’eliminazione selettiva delle donne, perché: Le figlie femmine non contano. Davvero?

Indignazione per la violenza di genere
Con l’87% delle donne analfabete e il 70% costrette a matrimoni combinati, l’Afghanistan guida la lista nera. Seguono il Congo con l’orrendo primato di 1152 stupri al giorno, il Pakistan degli oltre mille delitti d’onore l’anno, l’India e i suoi 3 milioni di prostitute, il 40% delle quali minorenni, e la Somalia, dove il 95% delle ragazze ha subito mutilazioni genitali.

L’ISTAT, il CENSIS, l’ONU, l’OMS, possiamo citarle all’infinito le istituzioni che danno notizie da far venire la pelle d’oca. Ne esistono altre, ma colpiscono un numero minore di esseri umani non femminili sulla terra. Per citare alcuni milioni: mutilazioni dei genitali, aborti del genere femminile in India e in Cina (almeno 100 milioni di donne eliminate, non poche davvero!) e ancora chissà dove, il maltrattamento all’interno delle famiglie, la violenza omicida sulle donne.

La strage delle bambine
Ne mancano all’appello cento milioni. Una «guerra globale» contro il sesso femminile tramite l’aborto selettivo di massa. È il genocidio di genere. Nel 1990 fu Amartya Sen, premio Nobel per l’Economia, a lanciare l’allarme sulla New York Review of Books: «Almeno sessanta milioni di bambine sono state cancellate in seguito a infanticidi o aborti selettivi di feti femmine». Quindici anni dopo Sen ha aggiunto: «È l’ultima delle discriminazioni, l’aborto selettivo. Una discriminazione high tech».

Nel 2012 sono 100 milioni di femmine mancanti all’appello in Cina, India, Corea, dove oltre all’aborto selettivo viene praticato l’omicidio delle neonate appena partorite, un vero e proprio gendercidio, che col passare del tempo ha messo in grave pericolo la società, soprattutto cinese in quanto avallato dalle autorità e dalla politica del figlio unico, preferibilmente maschio. Con uno squilibrio sensibile tra maschi e femmine, con conseguenze pericolose anche a livello sociale, con un prevedibile aumento della violenza e dell’aggressività maschile. Il tasso di criminalità è quasi raddoppiato in Cina durante gli ultimi vent’anni in cui è aumentato lo squilibrio tra i sessi, e si sono moltiplicati i casi di sequestro e traffico di donne, di stupri e di prostituzione. Anche in India c’è una correlazione tra i tassi di criminalità e lo squilibrio tra i sessi.

È nocivo escludere la metà della popolazione
Non c’è nessuna innovazione, modernità, alternativa, escludendo dalla costruzione di un mondo migliore la metà della popolazione: le donne. Ci sono molte donne, parlamentari e non, che sono stanche. Comprensibile, ma nessuna di noi ha la voglia e la forza per riprendere quel cammino e dar voce a una nuova leadership femminile, per assicurare un auspicato equilibrio? Da sole non si va da nessuna parte, gli uomini lo sanno: anche quando si fanno la guerra tra loro, si legittimano a vicenda. Smettiamo di accudire e preservare la leadership maschile come assistenti sociali, come badanti.

Licia Ronzulli al parlamento Europeo con la figlia (Reuters)

Bisogna finalmente investire sulle donne come la forza di cambiamento al positivo, qualificando sempre più la società sia sul piano sociale che sul piano economico. Noi chiediamo a tutte le donne, senza alcuna distinzione, di difendere il valore della  vita, della loro e della nostra dignità. È tempo richiedere il rispetto della dignità della donna e di dimostrare amicizia verso le donne. È tempo di creare e condividere uno spazio politico dove mettere a frutto le esigenze e le competenze delle donne della società civile.

Noi donne Adispo siamo profondamente convinte da sempre che non abbiamo solo il diritto di governare ma abbiamo anche la responsabilità di doverlo fare. Con obiettivi chiari. Perché un mondo che rinuncia alle energie della metà della popolazione è un mondo più povero. E noi vogliamo un mondo ricco culturalmente, socialmente ed economicamente. Lo vogliamo più libero, più giusto, più moderno: un mondo che porti tutte e tutti nel futuro. Tutti insieme, nessuno escluso.

Per il Comitato Adispo

Dr. Angela M. Carlucci

Presidente ADISPO

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Licia Ronzulli torna all’Europarlamento: con la figlia