Donne penalizzate e parità lontana. Il Gender Index dell’Onu conferma il gap tra i due sessi

Donne penalizzate e parità lontana. Il Gender Index dell’Onu conferma il gap tra i due sessi

IL CAFFE, 7 Dicembre 2014 – di Ezio ROCCHI BALBI – Le donne che vivranno la parità sul posto di lavoro non sono ancora nate. E, visto che negli ultimi dieci anni le pari opportunità professionali per loro sono migliorate solo del 4%, di questo passo – se tutto va bene – la parità sul posto di lavoro si raggiungerà più o meno nel 2095. “È la dimostrazione che la strada è ancora lunga e che, oltre ad un cambio di mentalità, servono leggi ad hoc – osserva Angela Maria Carlucci, presidente dell’Adispo, l’Associazione delle pari opportunità -. Nel mondo del lavoro, ad esempio, non basta sancire per legge l’uguaglianza tra uomo e donna; occorre prevedere delle sanzioni”.

Quello del lavoro non è il solo parametro che conferma quanto l’altra metà del cielo sia penalizzata. Istruzione, accesso alla politica, reddito, sanità; l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite sull’indice delle diseguaglianze di genere lancia un allarme a livello internazionale: nonostante i grandi passi in avanti, il divario tra uomini e donne resta grande. Troppo grande. E gli interventi “correttivi” modificano lo status quo con una lentezza esasperante. Il termometro globale della parità, non a caso, dimostra infatti che i Paesi con elevata disuguaglianza di genere subiscono anche la distribuzione più diseguale dello sviluppo umano.

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Anche prendendo in considerazione le fasce più alte del “Global Gender Gap Index”, tra l’altro, si scopre che attualmente non c’è nessun Paese sulla Terra in cui una donna – pur rivestendo lo stesso ruolo professionale – guadagni quanto un uomo. Stati Uniti inclusi, come ha ammesso l’economista Saadia Zahidi del World economic forum: “In base alla percezione dei dirigenti d’azienda, negli Usa le donne guadagnano circa due terzi del salario degli uomini per un lavoro simile”. Certo, la parità non si misura solo a colpi di busta paga, ma restano innumerevoli gli svantaggi e le discriminazioni che affrontano le donne e le ragazze, con ripercussioni negative per lo sviluppo delle loro capacità e la loro libertà di scelta. Il Gender inequality index, infatti – ed è solo uno degli indici appena aggiornati -, misura le disuguaglianze di genere in tre aspetti importanti: la salute, l'”empowerment”, che è un mix tra la percentuale di seggi parlamentari occupati da donne in proporzione alle femmine adulte con almeno un’istruzione secondaria, e lo status economico espresso dalla partecipazione femminile al mercato del lavoro. Scandagliando oltre 150 Paesi lo scenario offre un’istantanea della parità poco rassicurante.

Anche per la Svizzera che, nel Gender gap index 2014, è slittata di due posizioni passando dal nono all’undicesimo posto del ranking mondiale delle pari opportunità. Un ranking che, da anni, è capeggiato da Islanda, Finlandia, Norvegia, Svezia e Danimarca. “È inaccettabile che i salari femminili siano in media, secondo le statistiche ufficiali della stessa Confederazione, del 25% più bassi dei colleghi maschi; e addirittura del 39% nelle posizioni di quadro – dice Carlucci -. È un dato positivo, invece, che il livello d’istruzione superiore delle donne in Svizzera in pochi anni abbia raggiunto e sorpassato, ad esempio nelle materie scientifiche, quello degli uomini. Ma non serve a nulla se poi, professionalmente, vengono discriminate e quel livello di studi non viene riconosciuto”.

Infatti, per quanto riguarda la partecipazione delle donne nel campo economico, nella graduatoria del Global Gender Gap Index la posizione della Svizzera resta immutata al 23esimo posto, ma alla voce “parità salariale” in un anno, dal 2013 ad oggi, il Paese è sceso dal 56esimo al 59esimo posto. Lo stesso Index calcola che in Svizzera, nel 2014, una donna guadagna il 68% del salario medio di un uomo.

Sempre nella fascia alta dei Paesi la stessa Adispo considera essere a buon punto la rappresentanza delle donne in politica, settore in cui la Svizzera resta immutata nella sedicesima posizione. Scende però al 33esimo posto (dal 31esimo del 2013) per le presenze femminili in Parlamento e al decimo per quante ricoprono ruoli ministeriali. È forse utile ricordare, però, che è solo dal 1981 che la Svizzera ha stabilito, per legge, l’uguaglianza tra uomini e donne. E se ci si ricorda che le donne elvetiche hanno ottenuto il diritto di voto solo nel 1971…

erocchi@caffe.ch
@EzioRocchiBalbi

fonte: Il Caffé, Dicembre 2014

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