Appena 100 anni prima del 25 Aprile 1945 prendevano corpo i primi moti del Risorgimento. Essi furono le prime pietre miliari di questo percorso tipicamente Italiano, che forse non a caso porterà il nome di Risorgimento e non di Rivoluzione, un movimento, non di distruzione del passato, ma un movimento volto ad un mondo migliore.
Allo storico non possono sfuggire le date delle battaglie chiamate guerre di Indipendenza, che hanno avuto luogo in una delle regioni più ricche d?Europa, per le sue bellezze naturali, per i doni della terra, dell’arte e cultura. Battaglie, dunque, che hanno affermato il risorgere di una italianità, mai veramente strutturata, ma che esisteva fortemente e che stava per essere spartita e venduta.
San Martino, Solferino, Custoza, Villafranca ed altre località che dall?inizio della pianura del Po arrivano alle morene del lago di Garda.
Cito questa regione, perchè 3 domeniche fa dalle alture dei monti Lessini, a 10 km dal lago di Garda potevo dominavare parte delle zone dove queste battaglie hanno avuto luogo. Regione fondamentale storicamente, che io ho imparato a conoscere tramite i veniti, qui in emigrazione, ma non vorrei sembrare dimentica del Sud. Mi ritengo una meridionale e lî sulle quelle alture vicine al famoso quadrilatero, mi venne da pensare che cosa sarebbe successo se questa porzione dell?Italia fosse stata amputata chirurgicamente e culturalmente sulla linea che va dal delta del Po alla Spezia. Il significato del Risorgimento e ancor più quello della Resistenza sarebbe stato amputato, vanificato: I Vespri siciliani, Verdi non ricordò solo I tempi lontanissimi del Nabucco, ma anche le prime manifestazioni di amor patrio sul suolo siciliano, vanificati i moti di Bologna, di Firenze, Roma e Napoli o ancor quel verso ?erano trecento e sono morti? a Sapri, i Mille, lo sforzo che i piemontesi ed i siciliani hanno fatto per capirsi?e questo sforzo è ancora in corso: sempre incessantemente divenire italiani e guai ad amputare.
Il Risorgimento e l’Indipendenza è stato immaginato, grazie ad un movimento di genio e realizzato, da uomini e donne che hanno posto innanzi a tutti i loro valori più profondi, i seguenti:
– l’autonomia nella solidarietà
– la libertà in ciô che è giusto (giusto è sinonimo di santo nelle Scritture)
– l’impegno di coltivare ed incrementare il patrimonio morale culturale
Nel pendolo naturale del Storia, nel suo flusso e reflusso è stato anche all?Italia, come in Francia nel secolo precedente, il destino di dover di scivolare in un periodo per il quale l? Italia ha dovuto sacrificare I beni duramente conquistati poco prima,
Noi eravamo poveri, allora come nel 1860, come nel 1918, non avevamo le preziose materie prime. Avevamo solo e soltanto delle mercanzie invendibili come una posizione ineguagliabile nel bacino mediterraneo, un patrimonio culturale da almeno 3000 anni ininterrotto, e continuamente in progresso; un patrimonio artistico, che viene ancora oggi valutato ai 2/3 del patrimonio artistico mondiale.
Qualcuno si leccava i baffi allora e qualcuno si fa ancora venire l?acquolina in bocca. Metternick?chiamava l?Italia il giardino dell?Europa e la considerava come un suo giardino privato, ma l?Italia non era e non è in vendita.
Infatti grazie a uomini e donne ?accorti?, parola intraducibile perchè contiene almeno 20 aggettivi, per me contano quelli con significati, come l?essere colto, coraggioso e sagace, ed essere cortese ed oculato (dal tempo di Guicciardini, Poliziano e naturalmente di Macchiavelli),..eravamo appunto accortamente pronti per l?Interlocuzione, anche se difficile e sofferta per una dignitosa Liberazione.
E di nuovo come nel secolo precedente l?Italia aveva figli eroi ed eroine pronti ad essere di diritto commensali al tavolo delle decisioni. E non a causa di ricche mercanzie, ma per I beni morali e spirituali, che legati all?amore patrio , al lavoro, al sapere ed al saper fare, davano loro credibilità, ma anche un inaspettato potere che non poteva essere un potere materiale e concreto, era sicuramente un potere virtuale ma di grande peso contrattuale .
Dal 9 settembre 1943 al 25 Aprile 1945, per 20 mesi, per la Liberazione, caddero in 72.500 e ca. 40.000 rimasero mutilati ed invalidi.
Liberazione è un tema sempre più attuale, altri e molti su questa terra necessitano, in modo sempre più impellente, autonomia e solidarietà. Anche per loro non dobbiamo dimenticare.
La memoria è un bene irrinunciabile?
Ero nata 17 mesi prima, dopo l?8 settembre, sotto le poche bombe cadute su Roma, ed ho conservato da quando ho memoria e con molta insistente volontà, i primi ricordi intorno a quel momento storico.
Istantanee con rumori, odori e colori che mi hanno accompagnato e che seppur con il senno del poi, sono state ordinate con un nesso logico e storico, ho visitato e rivisitato.
Quelle che emergono più fortemente
– La carta da zucchero e le lunghe file davanti alle rivendite dove c?era zucchero, ma poco, farina non bianca, tapioca, il pane era bigio, diverso da quello che conosciamo, sacchi di fagioli e non capivo a cosa potevano servire quei sassolini, immangiabili…
– Distruzione: credo che ?distruzione? sia poi stata la prima parola astratta, che ho detto. Le distruzioni belliche: il sole cocente case e strade con colori sporchi sulla lunghissima strada SS2, che da Roma va a Brindisi l?Appia di Virgilio, la Fettuccia dell?Agro pontino desolata, Monte Cassino; ancora non ho avuto il coraggio di ritonarci, non una sola casa visibilmente intatta.
Nel lessico della famiglia viene riportato, che tra le prime frasi dicevo spesso ? ma che bella distruzione ? indicando il Colosseo?
La domenica dopo la Messa ed il pranzo, le passeggiate della mia infanzia, che continuo a ripetere quando posso ,si svolgevano verso Villa Borghese, d?estate ai Castelli, ma si alternavano sempre ad altre visite, come al Circo Massimo non lontano dalla sede della FAO dove era era stata inaugurata, subito dopo la Liberazione, la statua di Giuseppe Mazzini, o, perchè gli anziani della famiglia dicevano che non si deve dimenticare, alle Fosse Ardeatine non lontane dalle Catacombe.All?inizio credevo che i martiri cristiani e quelli di via Rasella e di via Tasso fossero contemporanei.Era il 24 Marzo a Roma e vennero massacrati 335 italiani 10 per ogni SS , uccisi in 32 , nell?attentato ai nazisti e comunque ne furono giustiziati almeno15 in più di quelli richiesti dalla rappresaglia.
Per terminare questo percorso solo personale e storicamente insufficiente non ho parlato di altre regioni d?Italia che portano i nomi dell?Istria, o di luoghi come Marzabotto ( 1836 inermi cittadini per rappressaglia giustiziati ,) e fuori d?Italia come quei luoghi dove i nostri eroi soldati sono poi rimasti per sempre: Cefalonia, El Alamein, o in Russia.
Il Corpo Italiano di Liberazione, con solo 5 divisioni considerate alleate, fu riconosciuto dagli alleati come cobelligerante, affiancato da 232.841 persone, combattenti partigiani con ruoli di sabotaggio e da altre 125.714 qualificate come patrioti, cioè come collaboratori attivi della resistenza.
Non vorrei neanche dimenticare un episodio, che mi ha molto colpita e che nel mio immaginario torna sempre unito a quelli di cui vi ho detto. Era il 14 novembre del 1950. Quando sempre nella stessa regione bella e ricchissima un poco piu à sud, una catastrofe ingente veniva a distruggere accanto ai danni della Guerra 100 e piu anni di lavoro agricolo. Mi ricordo molta solidarietà, molti bambini accolti improvvisamente nelle famiglie anche a Sud di quella linea di pocanzi, molti panni caldi da inviare, ma anche e di nuovo altri profughi, dal Polesine a causa di quella biblica alluvione del Po.
Nel contempo partivano battelli e treni pieni di cittadini italiani e voi sapete verso dove.
Nei miei anni di Svizzera, sono venuta in contatto con uomini e donne per i quali il filo conduttore, il filo rosso, passava senza soluzione di continuo dai nonni ai padri, agli zii, fratelli maggiori e cugini andati in Guerra, spesso morti in guerra o fatti prigionieri, nascosti o umiliati. Tornati a casa come in una toccata e fuga, di solito si rimettevano in viaggio per ripartitre senza aver potuto stabilire e costruire veri rapporti nelle loro famiglie, ne con la loro terra. Sono partiti in Germania, in Belgio, per la Svizzera. Il denominatore comune era la loro esperienza di quotidianità e di convivenza con la Paura. La fuga predominava, fuga dalla famiglia avendo dato poco e avendo ricevuto ancora di meno. Gli elementi della loro storia erano comuni alle vicende vissute nella loro infanzia dove i racconti sboconcellati tra il detto e non detto confondevano il nemico che non era nemico con l?amico, che non era un amico. Si portavano dietro la confusione, un caos di incertezze vissute dal bambino che erano, perchè le paure, il terrore continuavano ad esistere ed erano ingigantite dal non aver potuto capire. Nessuno spiegava o aveva spiegato e spesso gli adulti hanno voluto tacere e nascondere talvolta con moti incomprensibili di silenzio e di violenza.
Come tutti bambini, per sopravivere, avevano dovuto trovare ed hanno trovato una appartenenza, precaria sì, ma valida, nella loro italianità.
Dunque, di nuovo eroi che hanno seppellito all?interno dei loro cuori il loro disagi e che da questi disagi sono stati e sono ancora capaci, qui in emigrazione come gli eroi del Risorgimento e della Resistenza a combattere per ottenere a tutti I costi l?autonomia della propria famiglia, un benessere dignitoso senza perdere la propria identità.Credo che gli italiani nel mondo non ci siano riusciti troppo male.
Perchè ho citato questi aspetti? Perchè questa è la mia testimonianza, ma sopratutto perchè mi è stata data l?occasione di mettere in risalto un?attitudine tipica dell essere?italiano in patria e fuori, Quando la vita è ferocemente difficile, quando non si è potuto elaborare nel modo più naturale all?interno della propria famiglia lungo le generazioni le parti più intime e più vitali della propria identità, allora si mettono in moto delle risorse sempre nuove. Per noi italiani queste risorse sono probabilmente fortemente legate alla memoria ed alla sicurezza di appartenere a qualcosa di Bello e di Buono, che ci viene dall?eredità greca e a qualcosa di Giusto che ci viene dai Romani e dall?essere comunque Cristiani.
Che ci viene infine dalla certezza di possedere e gestire una lingua, che malgrado gli numerosi ed importanti dialetti è quella di tutti. Italianità tramandata dalla tradizione orale per la quale nelle feste nelle piazze, la lingua di Dante della Divina Commedia, dell?Orlando Furioso dell?Ariosto, della Gerusalemme liberata di Tasso per secoli furono recitate e cantate dai cantastorie che le conoscevano a memoria e le facevano conoscere a tutti, dal più umile al più colto, e che venivano ripetute e ricelebrate insieme, nelle veglie.
L’italiano dopo la Liberazione sente di voler mantenere ed incrementare la sua Città terrestre e quella non materializzata difendendo la sua civiltà antichissima che è forte di tutti i valori dello spirito contro quella morale che si fa forte dei valori fisici e materiali.
Vorrei riassumere quello a cui credo di tenere come Italiana, ricordando Marco Aurelio che poco meno di due mila anni fa scriveva nei suoi pensieri, in modo chiaro e semplice, con le sue parole:
Sono un uomo razionale e civile, la mia città ed il mio paese in quanto Antonino, mio primo nome, è Roma; come uomo è il mondo. Tutte le cose buone che sono di vantaggio per queste comunità, e solo queste, sono utili e buone per me, e cioè :
Essere Difensori della Democrazia
Essere coraggiosamente partecipi alla vita civile, anche in Emigrazione con una doppia responsabilità
Resistere alla prepotenza in tutti i suoi aspetti, in una società dove tutto è permesso, penso al mondo del lavoro, penso al mondo del- l?informazione mediatica.
Essere solidali per una giustizia sociale e non cedere alla compra-vendita di ogni gesto.
Siccome Dante ci disse che fatti non fummo per viver come bestie ma per cercare virtute e conoscenza e ricordando Gabriele D?Annunzio che prognosticava che la Fortuna dell?Italia è inseparabile dalle sorti della Bellezza di cui essa é Madre, vorrei terminare dicendo che credo fortemente che la Liberazione per noi oggi, 58 anni dopo, non significa altro che voler assicurare e far progredire per le generazioni dei nostri figli e dei loro figli, in un incessante divenire italiani, quelle ricchezze materialmente povere ma ineguagliabili ed impagabili dei nostri patrimoni dello spirito e della mente, rappresentate dalla nostra cultura, dalla nostra capacità di comunicare, di dialogare. Quelle ricchezze che ci fanno essere accoglienti e tolleranti verso gli altri, capaci di convivere con una dimestichezza incomparabilmente democratica sia con il sacro che con il profano e tutto ciô grazie ad una lingua, che tutti ci invidiano.
Nel binomio costruire e distruggere penso, che possiamo affermare insieme che optiamo per la loro continua costruzione e non per la loro distruzione. Perderle, nel corso delle prossime generazioni, queste nostre povere ricchezze, a causa di una morale, che si fa forte dei valori materiali,non sarebbe soltanto perderne la memoria e andare contro la nostra natura, ma vorrebbe dire perdere noi stessi e coloro, che ci hanno consentito di essere qui oggi liberi e fieri di essere italiani.
Anna Pompei Ruedeberg
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