Dare nuovo impulso alla parità di genere

Dare nuovo impulso alla parità di genere

Europa: occupazione, affari sociali e pari opportunità

Ogni anno la Commissione europea sottopone al Consiglio europeo una Relazione sui progressi compiuti per promuovere la parita’ di genere negli Stati membri dell’Ue e presenta le sfide e le priorita’ per il futuro. Nonostante l’evoluzione positiva verso una societa’ e un mercato del lavoro piu’ egualitari, le disparita’ tra donne e uomini persistono, mentre l’attuale crisi economica fa temere che i risultati ottenuti in fatto di pari opportunita’ possano essere compromessi e che gli effetti della recessione possano farsi sentire maggiormente sulle donne.

«Il rallentamento dell’attività economica potrebbe essere utilizzato per giustificare una limitazione o un taglio delle misure a favore della parità, rischio questo confermato dall’analisi delle risposte nazionali alla crisi» osserva la Commissione europea, secondo cui però questi tempi di crisi rappresentano anche un’occasione per introdurre cambiamenti, in quanto la parità di genere costituisce uno dei presupposti per la crescita sostenibile, l’occupazione, la competitività e la coesione sociale.

Il 2010, poi, può essere l’occasione per creare maggiori sinergie tra le diverse strategie che devono essere riesaminate: la Commissione europea rinnoverà il suo impegno a favore della parità di genere adottando una strategia che succederà all’attuale tabella di marcia; la strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione sarà aggiornata ed è importante che la parità di genere sia integrata nella nuova strategia Europa 2020; il 2010 è l’Anno europeo della lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, il che consentirà di mettere in evidenza la necessità di efficaci misure a favore dell’inclusione dei gruppi vulnerabili; infine, quest’anno è il quindicesimo anniversario della piattaforma d’azione di Pechino, occasione per valutare i progressi realizzati nei diversi settori d’azione per la parità di genere.

Le disparità tra donne e uomini

La Relazione sulla Parità tra donne e uomini 2010, presentata dalla Commissione europea nel dicembre 2009, presenta un quadro approfondito della situazione europea e sottolinea che «la lotta contro le diseguaglianze persistenti tra le donne e gli uomini in tutte le sfere della società rappresenta una sfida a lungo termine in quanto comporta cambiamenti strutturali e comportamentali e una ridefinizione dei ruoli delle donne e degli uomini». I progressi sono lenti, osserva la Relazione, e le disparità di genere persistono a livello di tassi d’occupazione, di retribuzione, di orario di lavoro, di accesso a posti di responsabilità, di condivisione delle responsabilità in materia di impegni familiari e domestici e di rischio di povertà.

La Commissione nota come l’esperienza delle crisi del passato riveli che il tasso d’occupazione degli uomini risalga in generale più rapidamente di quello delle donne e che in caso di perdita del lavoro il rischio di non essere riassunti è più elevato per le donne. Inoltre, osserva la Relazione, è più probabile che le donne siano svantaggiate sul mercato del lavoro perché, ad esempio, tra le donne è più elevata la percentuale di contratti precari e di lavoro part-time non volontario e perché persistono disparità salariali a loro svantaggio, «con conseguenti ripercussioni sul livello di reddito nell’arco della loro vita, sulla protezione sociale e sulle pensioni e tassi di rischio di povertà più elevati, in particolare tra le pensionate»: nel 2007, il tasso di rischio di povertà delle donne (17%) superava quello degli uomini (15%); inoltre, il divario era particolarmente marcato tra le persone anziane (22% delle donne rispetto al 17% degli uomini) e le famiglie monoparentali (34%). «Le famiglie subiranno una maggiore perdita di reddito (a causa della perdita del lavoro) nei Paesi dove predomina ancora il modello dell’uomo-capofamiglia come unico percettore di reddito, il che evidenzia la necessità di promuovere ulteriormente il modello della famiglia a doppio reddito» sottolinea la Commissione europea.

Le sfide future per la parità di genere

La Relazione della Commissione ritiene poi importante che, oltre all’attuale crisi economica e ai suoi effetti sui lavoratori di entrambi i sessi, siano considerate le sfide a più lungo termine che influiscono sulla parità di genere sul mercato del lavoro. Ad esempio, benché il livello d’istruzione femminile sia aumentato considerevolmente negli ultimi anni e il numero delle laureate sia oggi superiore a quello dei laureati (59% dei laureati in tutte le discipline nel 2006 nell’Ue), le donne restano concentrate in settori tradizionalmente “femminilizzati” e spesso meno retribuiti (servizi medico-sanitari e di assistenza, istruzione, ecc.) e occupano meno posti di responsabilità in tutte le sfere della società. La mancanza d’accesso ai servizi di assistenza per le persone dipendenti (bambini, disabili, anziani), a regimi di congedo adeguati e a formule di lavoro flessibili per entrambi i genitori spesso impedisce alle donne di partecipare al mercato del lavoro o di lavorare a tempo pieno, osserva la Relazione: nel 2008, il 31,1% delle donne ha lavorato a tempo parziale rispetto al 7,9% degli uomini; «tenendo conto del tasso d’occupazione espresso in equivalenti a tempo pieno, le disparità tra donne e uomini risulta soltanto leggermente ridotta dal 2003 ad oggi, anzi, in nove Stati membri si è addirittura aggravata».

Le donne con bambini lavorano meno (-11,5%) di quelle che non ne hanno, mentre gli uomini che sono padri lavorano più di quelli che non lo sono (+6,8%). «Questa forte incidenza della paternità/maternità sulla partecipazione al mercato del lavoro è legata alla suddivisione dei ruoli tradizionali e alla mancanza in molti Stati membri di strutture di accoglienza dell’infanzia» spiega la Commissione, rilevando che nonostante l’aumento dell’offerta di servizi di assistenza all’infanzia in linea con gli obiettivi europei, in molti Paesi i tassi di disponibilità non soddisfano tali obiettivi, in particolare per i bambini al di sotto dei 3 anni.

Per la crescita servono donne in posizioni chiave

«Se l’Europa intende seriamente uscire dalla crisi e diventare un’economia competitiva grazie a una crescita intelligente e inclusiva, dovrà sfruttare meglio il talento e le capacità delle donne» sostiene la Commissione europea in una Relazione pubblicata il 25 marzo 2010. Intitolata More women in senior positions – key to economic stability and growth, la Relazione evidenzia infatti come le donne continuino a essere pesantemente sottorappresentate nei processi decisionali.

Nel mondo delle imprese, i membri dei consigli di amministrazione delle maggiori società europee quotate in borsa sono uomini in circa l’89% dei casi. La disparità si accentua poi ai più alti gradi dirigenziali, dove solo nel 3% dei casi le donne guidano una grande impresa quotata in borsa. La Norvegia si distingue come unico Paese con una situazione prossima all’uguaglianza di genere: i consigli di amministrazione sono composti per il 42% da donne e per il 58% da uomini, frutto di una ripartizione stabilita per legge.

Per quanto riguarda invece il processo decisionale politico, il Parlamento europeo è l’assemblea caratterizzata dal maggior grado di parità uomo-donna, con il 35% di deputate e il 65% di deputati. La percentuale di donne elette nei Parlamenti nazionali in Europa è cresciuta nell’insieme dal 16% nel 1997 al 24% nel 2009, ma si tratta di una percentuale ancora molto inferiore alla cosiddetta massa critica del 30% ritenuta necessaria perché le donne possano esercitare un’influenza significativa in politica. La situazione dei governi nazionali mostra uno stabile miglioramento, con una percentuale di donne ministre nei governi dell’Ue pari al 27%, mentre la nuova Commissione europea, composta da 9 commissarie donne (33%) e 18 uomini (67%), totalizza il miglior risultato in termini di parità di genere registrando un netto aumento rispetto al 5,6% del periodo 1994/1995.

«È  però necessario un netto miglioramento della situazione» sottolinea la Commissione europea, che pone l’uguaglianza di genere al centro della strategia Europa 2020.

Vari studi mostrano infatti i notevoli benefici della diversificazione di genere, dimostrando il nesso positivo tra la percentuale di donne in posizioni chiave e le prestazioni aziendali. Uno studio condotto in Finlandia rileva ad esempio che le imprese dove le donne e gli uomini sono equamente rappresentati nel consiglio di amministrazione sono in media più proficue del 10% rispetto a quelle dirette da soli uomini, mentre una ricerca realizzata nel 2009 durante la presidenza svedese dell’Ue ha evidenziato come l’eliminazione negli Stati membri della disparità occupazionale uomo-donna potrebbe produrre un incremento potenziale del Pil fra il 15% e il 45%. ( Commissione europea)


Dr. Angela M. Carlucci

Presidente adispo