Intervista ad Angela Maria Carlucci sui «Controlli salariali in Svizzera»: LA PAGINA, 5 Novembre 2014

Intervista ad Angela Maria Carlucci sui «Controlli salariali in Svizzera»: LA PAGINA, 5 Novembre 2014

Sotto il titolo “Come cambia il mondo per le donne? Divario di genere, la parità solo nel 2095”, è stato pubblicato il comunicato che parla del rapporto Global Gender Gap 2014, perché solo nel 2095?

Nei nove anni del rapporto Gender Gap, il divario di genere a livello mondiale ha visto solo un piccolo miglioramento in materia parità per le donne sul posto di lavoro. Secondo il Global Gender Gap Report 2014 – che alla sua nona edizione ha rilevato i dati di 142 paesi – il divario di genere per partecipazione economica e opportunità è ora pari al 60% a livello mondiale, guadagnando il 4% dal 56% nel 2006, quando il Wef World Economic Forum ha dato inizio all’analisi. Sulla base di questo percorso, rimanendo tutto il resto pari, ci vorranno 81 anni affinché al livello globale si possa chiudere completamente questa lacuna.

Angela Maria Carlucci ADISPO

Dott.ssa Angela Maria Carlucci
Presidente ADISPO

In Svizzera da diversi anni varie organizzazioni sono impegnate nella lotta contro la discriminazione salariale delle donne, se si tira il bilancio però, ancora siamo lontani da un’uguaglianza salariale tra uomini e donne, perché questo impegno non si riflette nella realtà?

C’è molto da fare in termini di parità di genere per le donne in Svizzera – per esempio sulla retribuzione, ma non solo. Persistono ancora concezioni tradizionali dei ruoli di genere all’interno della popolazione autoctona svizzera. La parità di genere tra uomini e donne va affrontata dunque evitando di stigmatizzare le diverse comunità migranti o comunità religiose, ma piuttosto, evidenziando le legittime richieste di donne in una prospettiva sociale complessiva. Escludere una parte della forza produttiva della nostra società recherebbe danno a tutta l’economia. La vera parità trai generi ed una vera equità sociale possono essere ottenute solamente creando a livello lavorativo anche per gli uomini condizioni favorevoli permettere loro di partecipare attivamente alle responsabilità famigliari, che a sua volta rende possibile alle donne di rimanere attive nell’ambito professionale, anche in ruoli di responsabilità.

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Tra gli assolventi di scuole professionali e universitarie con formazione medio-alta, è maggiore la percentuale femminile, mentre sul mercato del lavoro, le donne ricoprono ruoli medio-bassi, il che si riflette anche sulla retribuzione. La minore presenza delle donne sul posto di lavoro, e di conseguenza, la minore esperienza lavorativa, non è solo dovuta a questioni legate alla famiglia. Non dimentichiamo i fattori non misurabili, imputabili solo alla pura e semplice discriminazione di genere.

Il dialogo per l’uguaglianza salariale, iniziato nel 2009, termina nel 2014, ma già adesso è chiaro che il numero delle aziende coinvolte non è soddisfacente. Come spiega questo fallimento?

La partecipazione delle aziende al dialogo sulla parità salariale era a titolo puramente volontaria. Bisogna creare le condizioni giuridiche per rendere obbligatoria una partecipazione delle aziende, anche quelle piccole e medie, al dialogo. Inoltre, è necessario continuare le attività di sensibilizzazione ai temi della parità, del gender mainstreaming, e aprire dove non ci sia, e continuare laddove sia già in atto, un vero dialogo tra uomini e donne. E non scordiamoci dell’importanza del tema per tutta la società: la parità salariale intacca anche il diritto alla conciliazione, per entrambi i sessi, per le mamme e anche per i padri. Questi oggi non possono ancora usufruire degli stessi diritti delle mamme in materia di conciliazione di vita familiare e vita professionale. Siamo purtroppo ancora all’età della pietra in Svizzera e la mentalità resiste al cambiamento. Un part-time per i padri è ancora un miraggio in Svizzera. Sono quasi sempre le donne a lavorare part-time (invece di un job-sharing), e di conseguenza, in ruoli con meno responsabilità e con minore retribuzione. Per una società equa e inclusiva, moderna, ricca socialmente e culturalmente oltre che economicamente – tutti devono poter contare sugli stessi diritti da cittadine e cittadini.

Ciò che adesso viene preso in considerazione è un controllo statale dei salari: crede che con questo provvedimento l’obiettivo possa essere raggiunto?

L’uguaglianza tra uomini e donne costituisce un diritto fondamentale previsto dalla Costituzione. Da ben 34 anni è ancorata la parità nella Costituzione federale, da 19 anni la parità è sancita nella Legge sulla parità dei sessi in Svizzera. Malgrado i progressi compiuti, si può e si deve ancora fare molto sia dal punto di vista della vita professionale che della vita privata.
Ergo, parliamo di come conciliare lavoro e famiglia e di prospettive sociali. La Svizzera è molto tradizionale per quel che riguarda il binomio lavoro e famiglia. Questa situazione statica ha come conseguenza la diminuzione del numero delle nascite. Per puntare verso un futuro di progresso, abbiamo bisogno di una vera politica famigliare come quella che troviamo nel Québec, nei Paesi Scandinavi e in Francia. La Svizzera deve evolvere ed entrare in una fase di modernizzazione portatrice di ricchezza non solo materiale ma anche personale, interrogandosi dapprima sul tema di attualità scottante del congedo paternità retribuito, come ho già accennato prima. Uno Stato intervenzionista e generoso oppure un lavoro flessibile e aperto sono due tipi di organizzazioni statali che favoriscono un alto tasso di fertilità e allo stesso tempo, di crescita economica e sociale, con la partecipazione delle donne sul mercato del lavoro.
Le famiglie svizzere con bambini al di sotto dei 6 anni vivono ancora all’età della pietra. Solo nel 3,4% delle famiglie, entrambi i partner lavorano a tempo parziale. Nel 45% delle famiglie l’uomo lavora a tempo pieno e la donna a tempo parziale e nel 37%. L’87% dei padri e solamente il 17% delle madri con uno o più figli che hanno meno di 25 anni, lavorano a tempo pieno. Per contro, il 59% delle madri svolge un’attività professionale a tempo parziale, rispetto al 7,2% dei padri (UFS, 2009).
Sono sempre le mentalità sempre in primo piano. Non bisogna solo dare la colpa alla mancanza di evoluzione delle mentalità. Queste evolvono. I nuovi modelli famigliari messi in pratica da coppie senza figli ne sono la prova vivente. No, i problemi fondamentali sono quelli che oramai tutti conoscono: mancanza di strutture adatte ai bambini, asili nido impagabili, orari di lavoro e scolastici non adatti alle necessità famigliari, la mancanza di riconoscimento sociale del ruolo di padre impedendo a questo un congedo paternità, una fiscalità che penalizza il doppio lavoro delle famiglie. E in questo universo, le donne in Svizzera attendono troppi anni prima di reintegrare il mondo del lavoro e questo pregiudica il loro ritorno all’attività occupata prima della vita di mamme.
L’Adispo persegue sin dalla sua fondazione 16 anni fa, una maggiore sensibilizzazione delle cittadine e dei cittadini in merito all’uguaglianza di genere, con pubblicazioni, workshops e giornate di studio sull’argomento, con un progetti per donne, con un progetto di conciliazione famiglia-lavoro per uomini, denominato “LUI e la famiglia” presentato all’UFU (Ufficio federale per l’Uguaglianza fra la donna e l’uomo) da A.C.F.E. (www.centrofamiliare.ch) e ADISPO (www.adispo.ch) per ribadire che c’è ancora molto da fare rendere la nostra società veramente equa ed inclusiva. La vera parità trai generi e una vera equità sociale possono essere ottenute solamente creando a livello lavorativo per tutti, per le donne e anche per gli uomini condizioni favorevoli permettere loro di partecipare attivamente alle responsabilità famigliari. Tutti ne usciranno vincenti, la famiglia, la società e l’economia.

Manuela Salamone – LA PAGINA (www.lapagina.ch)
Direttore editoriale

fonte: La Pagina, Novembre 2014