La Svizzera e il mondo industrializzato attraversano una crisi finanziaria ed economica gravissima di cui non è possibile intravedere ancora la fine. Seguendo l’ideologia neoliberale, il solo calcolare le conseguenze finanziarie immediate di ogni misura intrapresa, senza prendere in conto una visione futura, ha portato l’economia mondiale alle difficoltà odierne. In questo contesto moroso molti pensano che certi progetti e rivendicazioni devono quindi essere lasciati nell’angolino, in attesa di giorni migliori. Tra questi progetti ci sono chiaramente i temi legati al progresso sociale come le parità salariali e il congedo paternità.
Certamente è legittimo domandarsi quali sarebbero le conseguenze finanziare legate dell’introduzione di nuove misure ma il capitale non deve essere il centro delle nostre preoccupazioni e la nostra classe politica non deve più, come ha fatto in passato, farsi accecare da guadagni mirabolanti ottenuti grazie alla globalizzazione e la libera circolazione di capitali. Tutto ciò ha portato esclusivamente all’indebolimento attuale del nostro sistema economico e quindi dello Stato. Fare politica non vuol dire solo gestire dei soldi a disposizione, ma vuol dire porsi degli obiettivi ben precisi, legati ad una visione e a dei valori comuni per il bene di tutte le donne e di tutti gli uomini in Svizzera.
Ci domandiamo se oggigiorno la difesa delle scelte sociali sulla base del principio della “solidarietà” ha ancora senso per la nostra classe politica e per i nostri concittadini oppure se la difesa di questo principio è diventata oramai un’antichità? Dopotutto, questa crisi ci fa pure comodo, poiché finalmente la nostra società potrà ritrovare i valori chiave per un’esistenza comune e prosperosa sotto il segno della solidarietà, potrà ritrovare l’elemento principale che la rende ricca e solidale, il lavoro, ma non il lavoro come cifra di bilancio ma il lavoro umano, quello che permette all’essere umano, donna o uomo che sia, di realizzarsi nella dignità.
Conciliare famiglia e lavoro è sempre stato difficile sia per i papà che per le mamme. La nostra struttura economica crea ineguaglianza e mette da parte il fatto che anche gli uomini subiscono, anche se indirettamente, la discriminazione salariale tra i sessi, poiché queste disparità inesplicabili fan sì che debbano rinunciare al loro ruolo di padri attivi. In effetti, la perdita di guadagno che ne scaturirebbe, dovuta ad un lavoro a tempo parziale per potersi godere i figli che crescono, non potrebbe mai essere colmata completamente dal lavoro delle madri.
Una vera ripartizione dei doveri famigliari e del lavoro retribuito, è semplicemente inabbordabile per molte giovani famiglie. Una società con una buona gestione contabile dovrebbe includere anche i papà che passano più tempo in famiglia, con i loro figli e contemporaneamente permettere alle mamme di valorizzarsi nell’essere attive professionalmente. L’offrire un congedo paternità retribuito ai papà è una misura che permetterebbe alla nostra società di rimettere l’essere umano al centro delle nostre preoccupazioni. Certo questo costa all’inizio ma i benefici a lungo termine sono incalcolabili.
Prima di fare calcoli bisogna avere il coraggio di guardare innanzi a noi, di fissarci delle priorità ed avere il coraggio di prendere, oggi, quelle misure che permetteranno a tutti noi, domani, di contribuire alla prosperità della società per il benessere di tutti senza eccezioni. Il successo economico della Svizzera è legato alla sicurezza sociale e ad una buona qualità di vita. Permettere alle donne e agli uomini di questo Paese di conciliare lavoro e vita famigliare, sulla base di condizioni quadro che lo permettano, rappresenterebbe un investimento di successo a lungo termine.
Dr. Angela M. Carlucci, Presidente
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