Tornare a vincere. Con la forza delle donne

Tornare a vincere. Con la forza delle donne

Si è svolta il 18 e 19 febbraio 2011 a Roma presso il Teatro Capranica la Conferenza nazionale delle Donne democratiche. Da tutte le regioni e le città italiane e dall’estero sono arrivate oltre 1000 delegate e invitate. La Conferenza è stato il punto di approdo di un lungo lavoro organizzativo e di contenuti, ma anche il punto di partenza di una Conferenza nazionale permanente. Lavoro, riforma del Welfare, democrazia paritaria, rappresentazione delle donne italiane sono i temi al centro delle proposte delle donne. Ad aprire la Conferenza è stata la presidente dell’Assemblea nazionale del Pd Rosy Bindi. Sabato 19, la conferenza si è chiusa con l’intervento del segretario del Pd Pier Luigi Bersani: “Le donne devono prendere per mano il Pd [sic: ed il Paese] e condurlo verso nuove frontiere culturali e di civiltà”.

L’Adispo, presente alla Conferenza, ha apprezzato la discussione bella, aperta, libera e forte svoltasi durante i dibatti. Con l’entusiasmo delle manifestazioni del 13 febbraio, le delegate alla Conferenza hanno dato l’idea che le donne vogliono il cambiamento e si affermano le protagoniste del cambiamento. È stato ricordato che nel ‘900, secolo dove la regressione della umanità è stata drammatica, “l’elemento di civilizzazione è stato proprio il movimento di emancipazione delle donna. La presa di coscienza delle donne sui grandi temi civili quali l’aborto, il divorzio, ha sostenuto un moto di avanzamento politico delle forze progressiste ed anche l’introduzione di una nuova agenda economica. L’avanzamento della rete dei servizi è avvenuta proprio grazie a quell’onda. Quindi il Pd accetta di misurare il cambiamento dallo stato della condizione della donna, come sfida per un nuovo progetto che guardi oltre”, queste le parole di Bersani.

La cosa grave che è stata rilevata in numerosi interventi, è che si sta diffondendo l’idea della mercificazione delle donne. Anche dalle piazze, la settimana precedente, il 13 febbraio, le cittadine ed i cittadini hanno detto che non accettano più questi atteggiamenti. Eppure i ministri non hanno aperto una riflessione critica da queste richieste. La battaglia per la legalità, l’equità sociale ed i diritti non può che sfociare in una risposta concreta, quella di arrivare in Italia alla media europea di occupazione femminile, che è pari al 60%, si deve allargare la base occupazionale secondo criteri di produttività. Ovvero: attaccare la disoccupazione giovanile, avere dei servizi migliori, incentivare le imprese, in sintesi dare impulso alla democrazia. Perché dove le donne lavorano, nascono più bambini e il Paese cresce. Ne sono esempio i Paesi Scandinavi, il Canada e la Francia.

Dar voce a una nuova leadership femminile plurale
Dai dibattiti, interventi e dalle discussioni è emerso in modo chiaro, che la Conferenza deve essere un punto di partenza e di ripartenza e dipenderà solo dalle donne, se sapranno farne un luogo sterile e lamentoso oppure il luogo della costruzione di un nuovo protagonismo delle donne in politica e nella società. Come primo punto, le donne devono essere presenti nei luoghi di decisione, nella vita pubblica e nell’economia, perché in Italia solo il 6,8% di donne sono presenti nei consigli di amministrazione. Ma senza le quote rosa forti e di natura transitoria, nei vari organismi, questo non è possibile. Da qui la pretesa, che il governo nazionale sia composto per metà da uomini e metà da donne. Secondo punto è il tema dell’eguaglianza dei diritti e della funzione sociale della donna e dell’uomo. Il lavoro domestico ad esempio in Italia è svolto quasi solo dalle donne e bisogna riflettere su questo punto, come sul congedo parentale maschile. Il terzo punto sono i servizi. La sfida è quella di portare le risorse verso il tema dei servizi sociali.

Perché non potrei essere io il Presidente?
La deputata Anna Paola Concia ha citato una vecchia striscia di Lucy e Charlie Brown: “Forse non ho bisogno di te, Charlie Brown… Perché dovrei accontentarmi di essere la First Lady? Perchénon potrei essere io il Presidente?… E poi, una volta Presidente, mancherebbe solo un breve passo per diventare…REGINA!”.

Perché questa striscia ci piace tanto? Perché contiene molte verità che a volte neanche ci raccontiamo, e leggerle risulta liberatorio. Quante donne oggi sanno di non aver bisogno del consenso e della protezione di un marito, di un mentore, di un caposquadra, di un primario, di un ottantenne ricco per avere il loro posto nel mondo? Oggi, non sono poi così tante. Anche quando si rendono conto che possono raggiungere qualunque traguardo, anche nella vita pubblica, imboccano strade all’ombra di qualche uomo. E dietro questa convinzione, c’è il timore di sfidare la sorte e gli dei con una presunzione eccessiva. “Sembrerò troppo ambiziosa a voler diventare presidente? È da qui che dobbiamo ripartire. Dal coraggio di aspirare a essere presidente o metaforicamente regina”, ha concluso Paola Concia il suo intervento.

Escludere la metà della popolazione dalla leadership è nocivo
Non c’e nessuna innovazione, modernità, alternativa, escludendo dalla costruzione di un mondo migliore la metà della popolazione: le donne. Ci sono molte donne, parlamentari e non, che sono stanche. Comprensibile, ma nessuna di noi ha la voglia e la forza per riprendere quel cammino e dar voce a una nuova leadership femminile plurale? Da sole non si va da nessuna parte, gli uomini lo sanno: anche quando si fanno la guerra tra loro, si legittimano a vicenda. Smettiamo di accudire e preservare la leadership maschile come assistenti sociali, come badanti. Rilanciamo una comunità di donne con aspirazioni alte, che parli in prima fila e in prima persona al paese, nelle tante voci e diversità. La nostra sfida è sostenere l’ambizione: perciò Lucy per me rimane un faro. E per voi?

Noi donne Adispo siamo profondamente convinte da sempre che non abbiamo solo il diritto di governare: Abbiamo il dovere di farlo. Con obiettivi chiari. Non solo perché gli uomini hanno dato un cattivo esempio. Perché è nostro dovere e nostra responsabilità. Perché un paese che rinuncia alle energie della metà della popolazione è un paese più povero. E noi vogliamo un paese ricco socialmente ed economicamente. Lo vogliamo più libero, più giusto, più moderno: un paese che porti tutte e tutti nel futuro. Tutti Insieme, nessuno escluso.

Adispo da appuntamento il 19 marzo 2011 a Berna, per l’inizio del 150° dell’Unità d’Italia e per parlare di donne “Se non ora, quando?” insieme alle Onorevoli Silvia Costa, europarlamentare, e Laura Garavini, deputata al Parlamento italiano.

Dr. Angela M. Carlucci
Presidente adispo